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Castagne e castagneti del Gargano

Castagne e castagneti del Gargano

castagne

Introduzione Viene presentato un studio preliminare sui boschi e sui frutti del castagno del Gargano, nel quale si trattano gli aspetti forestali, agronomici e pomologici, facendo particolare attenzione ai castagneti di Vico del Gargano, il maggiore centro d’interesse oggi, che riserva notevoli potenzialità sul piano della valorizzazione ambientale e produttiva. I castagneti costituiscono un tassello significativo del paesaggio forestale del Gargano con una superficie che dovrebbe aggirarsi intorno ai 300 ettari. La specie è presente in ogni contesto agricolo del Gargano, ma è legata sul piano bioclimatico all’estesa zona con le potenzialità del cerro (con penetrazioni nei piani inferiori interessati con potenzialità della quercia virgiliana), ma le maggiori vocazioni sono da collegare alla serie del cerro, come è emerso dai rilievi fitosociologici. Il Castagno: Albero del pane

Le castagne sono consumate dall’uomo fin da tempi immemorabili: ne parla per primo lo storico greco Senofonte, vissuto tra il 430 e il 355 A. C, che definisce il castagno “l’albero del pane”, poi nel 40 a.c. Marziale. Di castagne parla ancora Virgilio (il quale suggerisce d’innestare il castagno sul faggio) che le ricorda cucinate con il latte e mangiate con il formaggio. Per secoli un vero alimento, o un obbligato surrogato, grazie alle castagne, tante comunità rurali hanno potuto fronteggiare carestie, crisi economiche. Poi un lento abbandono con lo spopolamento delle aree interne della nostra penisola. Oggi una ripresa d’interesse alimentare (prodotto tipico) per una coltura che evidentemente conserva ancora concrete prospettive economiche: in molte aree – l’agro di Vico ne è un esempio – è ancora oggi importante voce di reddito economico. Il Gargano per la sua natura di Promontorio, ripropone la fisionomia ambientale ed economica, tipica del nostro Appennino, con le relative problematiche conseguenti al lento ma inesorabile abbandono del modello agrosilvopastorale che ha costituito la storica struttura produttiva. In questo modello ha occupato un posto di rilievo il castagneto, sia sul piano forestale che produttivo ed ambientale. Il lento abbandono conseguente all’esodo rurale, cui sembrava destinata questa coltura conosce oggi nuovo interesse, contrariamente ad altri frutti simili ed altrettanto importanti dell’economia montana, quali noci, nocciole (altri tipici prodotti del nostro Appennino), i quali, da tempo, invece, sono stati definitivamente abbandonati. In molte aree dell’Appennino si conservano boschi dai quali comunità rurali ancora presenti continuano a trovare piccole integrazioni di reddito dalla raccolta del frutto, che suscita un crescente interesse da parte di consumatori; nella comunità rurale garganica, ed in particolare quella di Vico del Gargano, i secolari boschi di castagno motivano ancora raccolte del frutto economicamente apprezzabili, pur in una condizione di mercato all’ingrosso. Archeobotanica della specie La coltura del castagno nel Gargano è probabilmente antica quanto quella delle altre regioni italiane. Mancano documenti in proposito, ma l’esistenza di aree storicamente vocate (Vico del Gargano, San Marco in Lamis) lascia presupporre legami antichi con questa terra. Come è noto, risale al Cenozoico periodo in cui ebbe inizio la distribuzione delle latifoglie sulla terra (65 milioni di anni fa),, ma sono disponibili documenti che fanno addirittura risalire la presenza del castagno in Italia già nel Terziario (65-5 milioni anni fa). Le glaciazioni, specialmente quella Würmiana (20 mila anni fa) distruggono completamente la specie da gran parte d’Italia, confinandola nelle estreme regioni meridionali del suo areale. Ricompare poi in epoca romana. E’ sempre esistita in Italia, nel senso che non si è completamente estinta, o furono i romani a reintrodurla? Siti di rifugio possono essere state anche le aree meridionali della nostra penisola, tra cui il Gargano, non direttamente esposto alle glaciazioni.

Il frutto Il frutto del castagno è un achenio (secco che non si apre a maturità) con tegumento coriaceo. Il seme è costituito da due cotiledoni ricoperti da una pellicola (episperma) con introflessioni più o meno pronunciate all’interno della polpa. In casi estremi l’episperma riesce a essere passante (foto 1, 2), fino a provocare una settatura completa del frutto in più semi (frutti settati). Pomologia Pochissime le differenze morfologiche tra le diverse varietà; moltissime le differenze sul frutto. Le classificazioni si basano solo sul frutto e con criteri esclusivamente commerciali, ma con pochi riscontri reali. Si distinguono: a) marroni, grossi, globosi, con episperma superficiale; b) castagne, appiattite, binate, con episperma profondo e poco dolci; c) selvaschine (foto 3), riprodotte per seme o spontanee. Secondo questa classificazione i frutti dei castagneti garganici dovrebbere essere del tipo “castagne” e “selvaschine”. I “marroni” dovrebbero essere esclusivi dell’Italia centro-settentrionale. I nostri rilievi sui castagneti del Gargano, confermano l’assoluta inefficacia di questo sistema di classificazione, poiché ad esempio sono state trovate tante selvaschine, o castagne, grosse, globose, con episperma superficiale e molto dolci. La caratteristica rilevata è che l‘episperma superficiale non sempre coincide con tipi globosi e grossi. Almeno tre tipi (San Michele, Tempestiva e Rimmunevola) non globosi ma generalmente binati, hanno bucce ed episperma di facilissimo distacco: episperma superficiale e frutti completamente interi (foto 2). %. La botanica ci può essere d’aiuto? Si è constatato, ad esempio, che per quanto riguarda le caratteristiche dei fiori, la maggior parte dei marroni sono androsterili (non producono polline ed hanno amenti astaminei o brachistaminei), mentre le castagne sono androfertili, anche se, quasi sempre, autosterili. Anche questa strada dunque non ci porta alla soluzione del problema. E il sapore? Alcuni autori sottolineano che il sapore è più dolce nei marroni e che, in generale sono meno produttivi rispetto alle castagne. Inutile continuare, la distinzione tra castagne e marroni, è questione, se ne dibatte sin dal medioevo, che non ci porta a risultati concreti, anzi, probabilmente è una delle concause del declino di questo albero, specialmente da quando l’unico interesse è venuto dal mondo delle industria dolciaria che ovviamente voleva frutti grossi, globosi e soprattutto con pellicola facilmente asportabile (operazione meccanizzabile). I castagneti nella Direttiva Habitat I Castagneti, nel formulario della Direttiva Habitat (92/43) sono individuati come habitat (9260-Foreste di castagno), e nei SIC del Gargano rientra solo il Castagneto Pia-La Polda, Monte la Serra(San Marco in Lamis). I castagneti di Vico non vengono indicati nel formulario standard nel Sic –Foresta Umbra dove invece risultano presenti, in base ai dati raccolti negli ultimi anni da Biondi, Biscotti e Casavecchia (dell’Università Politecnica delle Marche). I rilievi fitosociologici effettuati hanno inoltre evidenziato composizione floristica e struttura di tali boschi e come questi sia maggiormente duffusi nelle aree di potenzialità per la cerreta. Tra le specie più tipiche del castagneto si ricorda: Hieracium racemosum W. et K., Rubus ulmifolius Schott, Euphorbia amygdaloides L, Tamus communis L., Festuca drymeia M. et K., Brachypodium sylvaticum (Hudson) Beauv., Oenanthe pimpinelloides L., Physospermum verticillatum (W. et K.)Vis., Sanicula europaea L.,Doronicum orientale Ten. Le aree vocate rientrano nel bioclima mesotemperato superiore, subumido superiore, ma la coltivazione ben risponde anche nella potenzialità della quercia virgiliana (bioclima mesomediterrano, subumido superiore). Lungo i solchi vallivi nel territorio di Vico del Gargano penetra anche nella fascia costiera. Di recente (Congresso Società di Scienza della Vegetazione, Ancona 2007) è stato presentato un poster (Biondi, Biscotti, Casavecchia) che individuano i castagneti di Vico come habitat non indicati nel formulario standard ma ampiamente presenti nel Sic –Foresta Umbra. I castagneti di Vico del Gargano

Le aree castanicole di Vico del Gargano (fig. 2) si distinguono in base a specifiche contrade o toponimi: Castagneto “di Renato” (ca 10 ha, Monte Palumbo); Castagneto di “Torre Palermo” (ca 30 ha, proprietà ex Asfd); castagneto di “Iacovizzo” (ca 3 ha, proprietà ex Asfd); castagneto di Valle del Melaino-Tennecode (ca 50 ha); Castagneti del Fucito-Vasto (ca 10 ha). Mancano dati certi sulla produzione, annualmente svenduta a “incettatori”. Nei decenni passati (1965-70) la produzione era sicuramente elevata se, come ci raccontava un grossista di San Severo, riusciva a comprare dai contadini nell’arco di un’annata, mediamente 1.500-1600 quintali circa (50/60 quintali al giorno per 30 giorni). I grossisti erano diverse decine per cui, la quantità venduta era rilevante. Le Castagne di Vico presentano una notevole diversità che merita di essere approfondita, poiché costituiscono un capitolo di ricerca che riserva grosse potenzialità applicative (genetiche, agronomiche e commerciali). Da indagini tra commercianti sembra che le castagne di Vico, per la loro caratteristica di essere rossicce, lucenti (forma più slargata) hanno sempre riscontrato maggiore interesse, almeno nei mercati generali di Foggia o Manfredonia, ove confluiscono anche le castagne provenienti dall’avellinese o dal beneventano. Queste ultime sono notoriamente meno lucenti e tendenti al marrone scuro (forma più allungata). Il contadino di Vico del Gargano ha sempre visto nel suo albero di Castagno un sicuro investimento: annualmente gli garantiva una piccola ma preziosa integrazioni di reddito. Sempre presente in ogni singola proprietà, quasi come un compagno di vita, sempre pronto a garantirgli sicurezza alimentare: le castagne secche, o infornate, sono state spesso la base dell’alimentazione di tante generazioni di nostri contadini; con la farina si preparava poi il castagnaccio, che tutti noi ancor oggi ricordiamo, o le straordinarie marmellate di castagne, come le più importanti marmellate della nostra vita, almeno per la generazione di chi scrive. La vendita del frutto, poi, pur se con naturali cali, è stata sempre “redditizia” e continua ad esserlo ancora oggi. Il mercato è stato sempre attivo e nonostante la crisi strutturale della nostra agricoltura, la castagna continua ad essere raccolta e venduta. Ogni anno già da settembre si vede in nella periferia del paese un vero e proprio mercatino, una piccola “borsa” all’aria aperta, tra commercianti che attendono sin dalle prime ore del pomeriggio, e i contadini che rientrano dalle loro campagne carichi con ogni mezzo (ancora qualche mulo, asino) di castagne. Il prezzo è, come in una vera borsa, il risultato di una trattazione quotidiana, di un rapporto di forza tra una domanda (il commerciante) e l’offerta del contadino, la maggior parte delle volte a svantaggio di quest’ultimo; un chilo di castagne sarà pagato un euro, un euro e sessanta, un euro e venti, ma quando si affolleranno i contadini con i loro sacchi carichi di castagne anche 60 centesimi appena. Il mercatino dura diversi giorni, anche un mese, tanto lungo è il periodo di raccolta ed evidentemente tanto grande sarà la produzione. Si inizia con le Castagne “tempestive”, quelle che maturano già verso la fine di agosto, si continua poi con le Castagne di “San Michele” e ,senza interruzioni, si prosegue fino agli inizi di novembre con le castagne cosiddette “invernali”. Da settembre, fino a tutti I Santi, il mercatino è sempre operoso, animato di gente, curiosi. Quant’è la produzione, quanto il suo valore? Difficile rispondere con precisione. Gli ultimi dati risalgono agli anni trenta del 1900 quando i Censimenti dell’Agricoltura stimavano circa 300 ettari di castagneti. Da allora nessun altro dato ufficiale. Qualche numero però possiamo darlo, ovviamente frutto di stime, prendendo in considerazione il dinamismo del nostro mercatino; non è difficile infatti farsi un’idea della quantità di castagne prodotte o meglio vendute se si tiene conto che il mercatino è attivo almeno per un mese. Non è difficile poi farsi un’idea della quantità che giornalmente è venduta ai commercianti (o meglio mediatori). Considerando dunque un periodo di 30 giorni e stimando una vendita di circa 100/150 quintali al giorno, il conto è presto fatto: 4000/4500 quintali circa che tradotti in euro ci danno valori di PLV per le castagne di circa 600/700 mila euro. Non è poco, per un prodotto che è venduto solo a mediatori e che invece valorizzato e diversamente venduto potrebbe triplicarsi, quintuplicarsi. Ma questa è una vecchia storia delle risorse del agricole del nostro Mezzogiorno. Conclusioni La caratteristica delle castagne di Vico del Gargano (che maturano dalla seconda metà di settembre, alla prima metà di novembre) è quella di avere bucce rossicce, rigate e lucenti, aspetti di notevole pregio commerciale, e di riconosciuto valore nei mercati della provincia di Foggia e più in generale pugliese. Le ragioni della crisi di questa coltura, sono da ricondurre probabilmente al fatto che l’unico interesse è venuto dall’industria dolciaria orientata esclusivamente verso i cosiddetti “marroni”, i quali in realtà non costituiscono una precisa identità biologica, ma sono solo selezioni all’interno della sorprendente varietà di forme a cui è soggetto il frutto, unico organo della specie caratterizzato da questa diversità. Nostri rilievi sui castagneti del Gargano, ed in particolare di quelle di Vico del Gargano hanno fatto emergere una straordinaria diversità di tipi (12 razze colturali); indagini condotte a San Marco in L., Monte S.Angelo, hanno fatto rilevare frutti del tipo “Castagne”, generalmente settati e con bucce più scure, marrone intenso e poco lucenti, anche se li caratterizza una certa precocità di maturazione rispetto a quelli di Vico. Le castagne rilevate ed esaminate a Vico del Gargano, oggi il centro garganico più importante per la loro produzione, hanno tutte, la caratteristica di avere la buccia molto lucente: aspetto riconosciuto come pregio da anziani commercianti tradizionalmente legati alle produzioni di questo contesto. A Vico si distinguono diversi nuclei boschivi, e sicuramente, è il comune con le maggiori superfici (circa 100 Ha) e con tanti alberi monumentali, alcuni dei quali riescono a produrre fino a 5 quintali. Le potenzialità di questa coltura tipicamente garganica, visto il crescente interesse da parte dei consumatori, sono notevoli; è auspicabile una politica di valorizzazione, in particolar modo nel territorio di Vico del Gargano (tutti i requisiti per un marchio di tutela), che potrebbe avviarsi con la creazione di un piccolo centro di raccolta-mercato, ove valorizzare commercialmente il prodotto e liberare la produzione dalla dipendenza del mercato all’ingrosso. Una forestazione produttiva con il castagno potrebbe svolgere un ruolo importante per l’ambiente, il paesaggio, oltre ad potenziare microeconomie che trovano ancora ragioni economiche nella raccolta del frutto.

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Scritto da: , domenica - 04 novembre, 2012

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